Il nostro 16/10/43

Tutti impuniti…come al solito!

Molto si è scritto sul 16 ottobre 1943, giorno della tragica razzia degli ebrei romani. Ma ancora molte cose sono rimaste oscure. Cerco di fare alcune considerazioni, scusandomi con i miei lettori delle varie ripetizioni, ma sono spinto dal desiderio di lasciare alle nuove generazioni, assai poco informate, una storia.

Innanzitutto: chi fornì le liste cosi dettagliate e precise delle abitazioni prese di mira quella tragica mattina? La polizia italiana? I nomi di coloro, mio padre tra essi, che solo pochi giorni prima, avevano ceduto al ricatto di Kappler, portando i famosi 50 kg di oro di taglia ai nazisti? Le liste della DEMOGRAFIA E RAZZA (DEMORAZZA)? Non si è mai saputo. I miei abitavano a via Sabotino da due anni, eppure i gendarmi entrarono nel palazzo con le liste in mano, sapendo benissimo che lì abitavano tre famiglie ebree (due erano fuggite, tra cui noi) ed una, i F., furono salvate dalla solerzia e bravura del portiere Antonio, che riuscì ad infilarli nell’ascensore mentre i nazisti salivano le scale.

Sappiamo che i razziati furono portati al collegio Militare, accanto a REGINA COELI, e passarono la notte del sabato, tutta la domenica, fino alla tragica partenza del lunedì mattina dalla stazione Tiburtina. Credo che in Italia fu l’unico atto di deportazione, fatto dagli stessi tedeschi che replicarono il tragico trasporto fatto in Francia dal Velodrome d’Hiver. Denneker e i tedeschi, contrariamente a quanto fecero successivamente, quel giorno liberarono i non ebrei e quelli di matrimonio misto, figli compresi circa 250 persone, compreso mio cugino A. e la sua famiglia. La figlia L. ricorderà per tutta la vita, e ancora oggi, la manica del nazista che gli indicava l’uscita. Leggo solo oggi che la stessa razzia era stata preparata a Napoli, non attuata solamente perchè la città, con le cinque giornate, si era liberata da sola.

Un’altra cosa rimasta senza spiegazione: che fine fecero i 50 (e più) kg d’oro razziati? Pare che la cassa, piena, fosse stata ritrovata nell’ufficio di KALTENBRUNNER, assolutamente intatta. Purtroppo nessuno, con gli scaricabarile del dopoguerra, pagò per questo terribile atto. Kappler fece qualche anno di (tranquilla) prigione a Gaeta, più per la condanna delle Fosse Ardeatine, che per il 16 ottobre. Finita la breve pena, finì all’ospedale del Celio, da dove fuggì in maniera rocambolesca e molto sospetta nel ’77. Danneker morì nel 1945 suicida, Kesserling, condannato a morte, ebbe la pena commutata, e tornò presto libero. Mentre a Norimberga qualche gerarca fu condannato a morte e impiccato, in Italia ben pochi subirono tale sorte, uno di questi, Caruso, direttore del carcere romano, fu fucilato.

Come detto all’inizio, voglio ricordare la situazione in quel giorno delle nostre famiglie: noi tre, con nonna Noemi e zio Lionello, saggiamente (grazie a papà Renato) eravamo fuggiti a Velletri, anzi a Morice il giorno dell oro, e, informati da una conoscente venuta da Roma a Velletri con il tramvetto Stefer (altro modo di comunicazione non c’era), fuggimmo per campi e fossi sotto una pioggia torrenziale (chi lo desidera legga: Qualche mese di guerra di Renato Di Segni), fino alle braccia amichevoli dell’ acqua palomba, con l’ancor più famosa “vigna do giudio”.

La famiglia di Paola si salvò innanzitutto per la premonizione di mamma Elda, che, ispirata da qualche angelo, si rifiutò il 15 ottobre di rimanere un’altra notte a casa loro, e iniziò le varie peregrinazioni dal laterano, da Z., un commesso del loro negozio, fino al rifugio dai meravigliosi Giovanni e Nunziata a via Barnaba Oriani, che li tennero amorevolmente nascosti per quasi sei mesi. Il papà di Paola, il buon Mario, rimase la notte della razzia chiuso in cantina, e per tutta la sua vita risentì e rievocò anche nel sonno i passi pesanti dei nazisti sopra la sua testa. E’ terribile anche il solo racconto! Nessuno di loro parlò dopo la guerra con dovizia di particolari, dovevamo noi figli togliere loro le parole che raccontavano quei giorni, nessuno di loro lo faceva volentieri, preferivano dimenticare, o cercare di farlo dando solo piccoli indizi e basta, che faticosamente tento di ricostruire.

6 pensieri su “Il nostro 16/10/43

  1. Caro Fabio, ho letto come al solito con grande interesse il tuo racconto riferito alle vicende degli anni terribili della persecuzione (dal titolo questa volta: “Il nostro 16 ottobre”).
    Avvincente, come sempre.
    A.
    (P.S.: Permettimi un’osservazione, che scaturisce soltanto dal desiderio di contribuire alla precisione formale del contenuto narrativo;
    si tratta di un dettaglio storico.
    Ad un certo punto scrivi (testuale): ”Leggo solo oggi che la stessa razzia era stata preparata a Napoli, non attuata solamente perché la città, con le cinque giornate, si era liberata da sola.”
    Se non vado errato, si trattò invece di “quattro giornate”, non cinque (cinque furono quelle di Milano per liberare la città dagli invasori austriaci).
    Con il titolo
    “Le quattro giornate di Napoli” è stato peraltro girato un bellissimo film di Nanni Loy del 1962, che ricordo molto bene, con un cast “stellare”:
    Regina Bianchi, Lea Massari, Aldo Giuffrè, Jean Sorel, Pupella Maggio, Luigi De Filippo, Gian Maria Volontè, Enzo Cannavale, Anna Maria Ferrero, e molti altri.
    Questa piccola imprecisione non scalfisce minimamente tuttavia la bellezza della tua cronaca).

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  2. Il 16 ottobre del 43 avevo appema 16 giorni … nata lontano ma forse per etedita sento ancora adesso la tristezza di quelli che hanno passato quel tempo crudele.
    Bravo Fabio. Scrivi molto bene.🙏

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